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Enzimi, anticorpi e malattie

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3D medical background with DNA strands and virus cells

Il sogno di uno dei vincitori del premio Nobel per la chimica assegnato quest’anno, era quello di rendere più ecologica l’industria chimica e vi riuscì  studiando delle molecole che prendono il nome di enzimi.

Vediamo innanzitutto cosa sono queste molecole. Un enzima è una proteina in grado di catalizzare ovvero accelerare una reazione. Nel nostro corpo ci sono tantissimi enzimi, ad esempio nella saliva se ne trova uno importantissimo, il lisozima, che ci aiuta a iniziare la digestione del cibo a partire dalla bocca.

L’idea di Frances H Arnold, l’unica donna del terzetto vincitore del premio Nobel, era quella di sviluppare nuovi enzimi che potessero svolgere funzioni utili all’uomo. Ma come?

Abbiamo detto che gli enzimi sono proteine e le proteine sono prodotte dall’espressione dei geni che sono fatti di DNA. La Arnold, pensò quindi di introdurre delle mutazioni casuali nel DNA codificante di un particolare enzima, la subtilisina che funziona solamente in soluzioni acquose. Dopo alcuni tentativi notò che la subtilisina era in grado di svolgere la propria funzione anche in soluzioni organiche ampiamente utilizzate in chimica. Aveva sostanzialmente riprodotto in provetta ciò che accade in natura, ovvero le mutazioni indotte avevano selezionato una nuova subtilisina che prima non esisteva.

Così nacque l’evoluzione diretta delle proteine che con un meccanismo semplice consente di individuare la migliore molecola che si adatta all’ambiente nel quale si trova. Questi esperimenti furono iniziati in California nel 1993 (un video per conoscere la scienziata americana). Come sempre, le scoperte nel campo della chimica così come della medicina richiedono tempo per essere convalidate ma oggi tantissime aziende fanno uso di questa tecnica per produrre prodotti ecologici.

Ma nella pratica come questa scoperta sta influenzando il nostro vivere quotidiano? In molti modi: con nuovi detersivi che utilizzano enzimi naturali e non più sostanze chimiche, con plastiche che sono biodegradabili, con biocarburanti e così via.

Ma il Premio Nobel è stato assegnato a 3 scienziati quest’anno. Scopriamo chi sono gli altri due.

Si tratta di George Smith e Greg Winter. Questo è uno dei rari casi in cui il Premio Nobel viene assegnato a ricerche diverse anche se correlate. Infatti anche Smith e Winter hanno sfruttato i meccanismi evolutivi per la loro scoperta.

Vediamo di cosa si tratta.

Anche qui la storia parte da lontano, siamo nel 1985 e il dottor Smith aveva come obiettivo quello di individuare le sequenze geniche all’origine della produzione delle proteine al tempo sconosciute. Per far questo inventò un metodo relativamente semplice che consisteva nell’introdurre delle sequenze di DNA codificante proteine, ad esempio umane, in un piccolo virus chiamato fago. Queste sequenze vanno inserite nel DNA del virus accanto alla sequenza che codifica per la produzione di una proteina di membrana e si lascia replicare il virus. Le proteine codificate dal frammento di DNA sconosciuto compariranno quindi nella membrana della nuova generazione di fagi e utilizzando degli anticorpi (che hanno la naturale capacità di legarsi a una specifica proteina) è possibile identificarle.

Questo metodo venne chiamato phage display e venne utilizzato ampiamente per scoprire sequenze di DNA sconosciute che producono proteine.

Il terzo vincitore del Premio Nobel, Greg Winter, ebbe l’intuizione di utilizzare lo stesso meccanismo in modo inverso. Poco sopra ho scritto che vengono utilizzati gli anticorpi per scoprire quale proteina è stata espressa. Winter fece l’inverso, ovvero utilizzò la stessa tecnica per individuare gli anticorpi che attaccano certe proteine note.

Winter nei primi anni ’90 era alla ricerca di produrre anticorpi a scopo terapeutico e che fossero efficaci. Utilizzò quindi il phage display per produrre gli anticorpi e poi per determinare quali fossero più efficaci.

La ricaduta pratica? Winter nel 1994 riuscì con questa tecnica a produrre degli anticorpi che si legavano con alta specificità ad alcune cellule tumorali e negli stessi anni inventò e produsse il primo farmaco basato su un anticorpo umano: l’adalimumab, ancora utilizzato nel trattamento dell’artrite reumatoide, della psoriasi e altre patologie infiammatorie e autoimmuni.

Erano nati gli anticorpi monoclonali umani che sono oggi ampiamente utilizzati come farmaci onco terapici.

La strada della ricerca è lunga ma questi scienziati ci insegnano ogni giorno che la perseveranza e il metodo portano a grandi risultati.

 

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