I dati parlano di 3000 decessi per incidenti stradali e ben 8000 morti per infezione ospedaliera. Statistiche in aumento o diminuzione?
I telegiornali ogni anno puntualmente ci ricordano che i morti per incidenti stradali sono in aumento o in diminuzione. Questa notizia fa colpo perché tutti si muovono su strada con vari mezzi ogni giorno. Tuttavia, contro i poco più di tremila decessi che avvengono a causa di incidenti stradali ogni anno, ci sono oltre ottomila persone che in Italia perdono la vita per una infezione ospedaliera, alcune statistiche riportano diecimila decessi, vedremo in seguito il motivo di questa discrepanza.
Cominciamo con il chiederci perché succede? E’ abbastanza intuitivo che in un luogo come l’ospedale dove si concentrano tante persone con varie patologie, le malattie così dette trasmissibili, ovvero le infezioni da microorganismi possano diffondersi da malato a malato.
Vediamo alcune stime tratte da Epicentro, il Portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica.
Il 5% dei pazienti ospedalizzati contrae una infezione durante il ricovero. Questo è un dato che non tiene in considerazione delle infezioni contratte durante la semplice visita del Pronto Soccorso, soprattutto durante i mesi invernali di picco delle malattie infettive come l’influenza.
Il 5% può sembrare un numero piccolo ma se consideriamo il numero di persone che vengono ricoverate ogni anno, ecco che quella percentuale si trasforma in una città di medie-grandi dimensioni come Genova o Palermo, ovvero in 450-700 mila pazienti che ogni anno dopo il ricovero mostrano una infezione che prima non avevano. Soprattutto infezioni delle vie urinarie, infezioni da ferita chirurgica, polmoniti e sepsi. Di queste, si stima che circa il 30% (ovvero 135-210 mila) siano potenzialmente prevenibili e che siano direttamente causa del decesso dell’1% dei casi, quindi si potrebbero evitare da 1350 a 2100 decessi all’anno.
Un altro importante aspetto delle infezioni ospedaliere o nosocomiali è la così detta resistenza agli antibiotici (ne parlo qui). Un terzo di tutte le infezioni contratte in ospedale in Italia hanno una certa resistenza agli antibiotici. Se ci confrontiamo con il resto d’Europa dove ogni anno circa 33mila pazienti muoiono a causa di infezioni provocate da microorganismi resistenti agli antibiotici, l’Italia ha il triste primato di essere la Nazione, insieme alla Grecia in testa alla classifica.
Perché i microorganismi stanno diventando resistenti agli antibiotici?
E’ un semplice meccanismo di adattamento ed evolutivo di difesa della specie, descritto molto bene già oltre un secolo e mezzo fa da Charles Darwin a proposito degli animali e che ben si adatta anche ai microorganismi. Semplificando possiamo dire che se anche un solo batterio possiede una mutazione che lo rende resistente all’antibiotico, questo batterio non morirà e si potrà riprodurre senza essere disturbato. I batteri si moltiplicano ogni venti minuti, perciò con un semplice calcolo si può facilmente immaginare come da un solo batterio in 12 ore l’organismo sarebbe invaso da oltre mezzo miliardo di batteri della stessa specie. In aggiunta, in caso di resistenza a una specifica classe di antibiotici, non ci sono molte alternative, come nel caso dei carbapenemi che appartengono alla famiglia degli antibiotici β-lattamici. I carbapenemi sono spesso utilizzati in ospedale come farmaco di ultima linea, soprattutto su pazienti infettati da batteri MDR (multi-drug-resistant). I carbapenemi più utilizzati sono la Tienamicina, l’Imipenem e il Meropenem. Ora si sta osservando un aumento nella resistenza dei batteri anche a questa classe di antibiotici e questo desta preoccupazione in quanto come già detto si tratta di antibiotici da “ultima spiaggia”.
Quale può essere uno scenario futuro?
Senz’altro è necessario sviluppare un sistema efficiente di rilevazione delle infezioni ospedaliere. Abbiamo scritto all’inizio di questo articolo che le stime in Italia per decesso dovuto a infezioni ospedaliere sono ottomila ma altre statistiche indicano diecimila, troppa discrepanza per una analisi seria dei dati.
L’applicazione delle buone pratiche che sono già note ma poco in uso, ovvero il corretto lavaggio delle mani degli operatori e dei parenti, il controllo della pulizia ambientale, la vaccinazione degli operatori sanitari (in primis contro l’influenza).
Il corretto utilizzo degli antibiotici, a cominciare dalla prescrizione da parte dei medici di base, a volte troppo favorevoli ad “accontentare” il paziente, fino ad arrivare alla scelta del tipo di antibiotico che passa per una diagnosi più precisa già prima di arrivare in ospedale (vedi l’articolo sui POC).
La tendenza già in atto negli ospedali è quella di ridurre la degenza e aumentare il day hospital. E’ una delle soluzioni per ridurre la probabilità di contrarre una infezione ospedaliera. In particolare per i pazienti più anziani che sono a maggiore rischio (vedi articolo sulla telemedicina).
Scherzando, ma non troppo, per gli anziani, i bambini e gli immunodepressi, è più pericoloso un ricovero ospedaliero che mettersi in auto per intraprendere un lungo viaggio in autostrada. Perciò, proteggiamo i più deboli mettendo in atto tutti i meccanismi di prevenzione che conosciamo e affidiamoci a esperti.
Qui un breve video che spiega come si sviluppa la resistenza dei batteri agli antibiotici. Buona visione!
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