Si parla di cambiamenti climatici e di aumento delle temperature medie ma non sono solo le temperature ad aumentare, ci sono anche alcuni animaletti più o meno simpatici. Uno di questi, che appartiene alla schiera di quelli meno simpatici, è la zecca. Molti diranno: figurati se non conosco la zecca!
Ma siamo proprio sicuri di sapere come agisce, quali malattie può portare e soprattutto come comportarsi in caso di infezione da zecca?
Andiamo per ordine e cominciamo a dire che la zecca è un artropode, ovvero fa parte della stessa classe dei ragni e degli scorpioni (non c’è che dire, una bella parentela!). Si dividono in due gruppi principali, le zecche dure e le zecche molli. Le specie più diffuse e rilevanti da un punto di vista sanitario sono le zecche dure ovvero che hanno uno scudo dorsale chitinoso. Hanno nomi curiosi come: Ixodes, Hyalomma, Rhipicephalus, Dermacentor.
Dove si trovano e come ci attaccano?
Generalmente si fanno vedere da Aprile a Ottobre e poi nei mesi più freddi cercano un riparo. Purtroppo, con l’innalzamento delle temperature sta aumentando il periodo di attività delle zecche così come il territorio nel quale si possono trovare, infatti ci sono numerose segnalazioni anche dalle regioni alpine che erano immuni da questo artropode.
Le zecche non saltano, perciò dobbiamo sfatare il mito che le descrive come degli insetti capaci di saltarci addosso e non possono neanche volare in quanto non hanno ali. Semplicemente si appostano all’estremità delle piante aspettando il passaggio di un organismo a sangue caldo, animale o uomo. Anzi, per essere più precisi sono anche in grado di rilevare la presenza di anidride carbonica emessa dalla respirazione di un organismo vivente.
Una volta che hanno raggiunto la loro “vittima”, si attaccano con la bocca, il rostro, e cominciano a succhiare il sangue del quale si nutrono. Possono continuare a succhiare anche per sette giorni e poi si staccano da sole.
In genere non ci si accorge del morso in quanto introducono anche una piccola dose di anestetico che gli consente di passare inosservati. E questo può risultare anche pericoloso.
Perché la zecca può essere pericolosa?
Non certo per il morso ma piuttosto per il fatto che è in grado di trasmettere batteri e virus che vivono nel loro intestino, un po’ come succede per il protozoo della malaria che viene trasmesso dalla zanzara del genere Anopheles.
Come abbiamo detto anche gli animali sono attaccati dalle zecche, in particolare roditori, caprioli, ovini e caprini e contribuiscono fortemente al mantenimento del ciclo di trasmissione dell’infezione.
Le malattie più frequenti in Italia sono le seguenti:
- l’encefalite da zecca o Tbe (Tick borne encephalitis) causata da un virus;
- la malattia di Lyme, causata dal batterio borrelia;
- la rickettsiosi, trasmessa principalmente nei cani;
- la febbre ricorrente da zecche;
- la tularemia;
- l’erhrlichiosi.
L’encefalite da zecche o Tbe è la più diffusa nell’uomo ed è anche piuttosto pericolosa. Nel 2016 si sono registrati 2674 casi in Europa, in Italia 39 nel 2018. Dal 2006 esiste un vaccino contro la Tbe anche in Italia ed è piuttosto utilizzato in Europa centrale e settentrionale dove la trasmissione all’uomo è molto più frequente.
Tbe e Sindrome di Lyme
La Tbe è una patologia virale acuta del sistema nervoso centrale. Nel 30% dei casi si manifesta con sintomi simili a quella dell’influenza e nel 10-20% dei casi porta a disturbi del sistema nervoso centrale come encefalite, paralisi flaccida e in rari casi con esito mortale).
Un’altra patologia importante è la malattia di Lyme. E’ una infezione di origine batterica ed è la più diffusa patologia trasmessa da vettore con diffusione nelle zone geografiche temperate, è seconda solo alla malaria per numeri di casi.
Il decorso della patologia porta allo sviluppo di disturbi neurologici caratterizzati da artralgie migranti, mialgie, meningiti, polineuriti, linfocitoma cutaneo, miocardite e disturbi della conduzione atrio-ventricolare.
Esiste un vaccino messo a punto negli Stati Uniti ma non disponibile in Italia in quanto non efficace sulle geno-specie diffuse in Europa.
Come in tutti i casi di sospetta infezione, la diagnosi precoce è di fondamentale importanza. Recentemente si è tenuto a Milano un convegno internazionale “Giornate infettivologiche Luigi Sacco 2019” dove si è parlato anche di infezioni da zecche e soprattutto come diagnosticarle. E’ stato presentato un nuovo test di diagnostica molecolare che in maniera rapida è in grado di individuare l’agente patogeno e di conseguenza permettere al medico di somministrare la migliore terapia.
E’ utile sapere che in tutti i casi, la zecca dopo alcune ore che è ancorata alla pelle della sua vittima, rigurgita parte del pasto ed è proprio in quel momento, se la zecca è infetta, che avviene il passaggio del virus o batterio nell’ospite. Perciò, se ci si accorge della presenza di una zecca, bisogna agire tempestivamente, estraendola interamente senza schiacciarla per evitare di diffondere gli eventuali agenti patogeni.
Come rimuovere le zecche
Se dovete fare una passeggiata in zone a rischio, suggeriamo di comprare spray e repellenti dedicati che si trovano facilmente in farmacia. E quando rientrate controllatevi bene soprattuto testa e collo, le zone preferite delle zecche.
Se vi trovate una zecche sul corpo, bisogna rimuoverla il prima possibile. Come spiegato dall’Istituto Superiore di Sanità, non utilizzare mai alcol, benzina, acetone, ammoniaca, e nessun oggetto caldo, perché’ potrebbero stimolare il rigurgito pericoloso per le infezioni della zecca.
Utilizzare pinzette apposta, facilmente provabili in farmacia, cercando di non schiacciare il corpo della zecche, utilizzando un movimento di rotazione (come svitare un tappo). Poi disinfettare bene la cute, evitando i disinfettanti che colorano la cute, come la tintura di iodio.
Evitare di toccare direttamente la zecca, e possibilmente bruciarla dopo la rimozione. Annotate inoltre la data di rimozione e la comparsa di eventuale segnali di infezione nei successivi 30-40 giorni.
E per qualsiasi dubbio rivolgetevi al vostro medico, soprattutto in caso di alcuni dei sintomi menzionati sopra.
This post is also available in:
English