Fino a poco tempo fa, i tre pilastri fondamentali del trattamento del cancro erano: chirurgia, radioterapia e chemioterapia. Recentemente un quarto pilastro si è aggiunto: l’immunoterapia oncologica.

L’immunoterapia si basa sull’utilizzo delle difese naturali dell’organismo, ovvero il sistema immunitario, per combattere le malattie. L’immunoterapia oncologica è l’applicazione della immunoterapia alla lotta contro il cancro (qui per approfondimenti). Come? Stimolando il nostro sistema immunitario a reagire e combattere le cellule cancerose. La scoperta che dei meccanismi del nostro sistema immunitario fossero “frenati” dal cancro e l’eliminazione di questo freno, ha portato al Nobel due ricercatori nel 2018 (qui per approfondimenti).

I loro studi hanno posto le basi per lo sviluppo di farmaci che si basano sull’immunoterapia. Tali farmaci sono quasi privi di effetti collaterali e possono contrastare lo sviluppo di tumori che prima erano molto difficile da trattare.

Di pari passo allo sviluppo delle conoscenze sull’immunoterapia basata sull’eliminazione di freni del sistema immunitario, recentemente è stata introdotta un’altra strategia denominata CAR-T (Chimeric Antigen Receptor T cell therapies) (qui per approfondimenti). Questa terapia si basa sull’ingegnerizzazione genetica dei linfociti T (cellule del nostro sistema immunitario), in maniera tale da potenziarli per combattere i tumori.

Le cellule T per poter essere modificate geneticamente, vengono prelevate dal sangue del paziente, ingegnerizzate in modo che possano esprimere sulla loro superficie il recettore CAR capace di aumentare la risposta immunitaria e poi reinfuse nel paziente stesso. Si può quindi parlare di medicina personalizzata applicata alla cura dei tumori.

I limiti dell’immunoterapia CAR-T

In questo articolo vorremmo segnalare due limitazioni in particolare. Per prima, la difficoltà delle cellule CAR-T a raggiungere le cellule tumorali. Infatti, il protocollo terapeutico prevede la reinfusione delle cellule per via endovenosa. Questo significa che le cellule T non arrivano in un numero sufficiente a tumori come ad esempio quelli cerebrali. I ricercatori stanno lavorando per trovare una soluzione per la somministrazione locale delle CAR-T. I primi studi si stanno conducendo sulla somministrazione nello spazio intrapleurale per il trattamento del cancro al polmone.

E per seconda, la selezione dell’appropriato bersaglio antigenico. Le cellule CAR-T devono essere selezionate per individuare e combattere solo le cellule tumorali e non le cellule sane. Per migliorare la selezione dei bersagli antigenici, i ricercatori stanno utilizzando nei laboratori delle cellule chiamate sferoidi. Si tratta ancora di studi sperimentali e quindi non condotti sull’uomo e per questo bisogna utilizzare delle cellule prodotte in laboratorio che devono però essere il più possibile simili alle cellule del tumore solido. Le cellule sferoidi hanno queste caratteristiche e sono definite sferoidi per la loro forma.

Presto i clinici avranno a disposizione questo quarto pilastro del trattamento oncologico per poter guarire tumori ad oggi di difficile o impossibile trattamento.

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