La diffusione del Covid-19 in tutto il mondo impone l’adozione di misure drastiche a tutti i Paesi. La misura più estrema è il lockdown totale ma si stanno analizzando modalità di “chiusura” selettiva che riducano la mortalità e l’impatto sull’economia.
Un recentissimo studio dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI), ha proposto il “lockdown selettivo” allo scopo di far fronte al crescente numero dei casi da SARS-CoV-2, la conseguente crescita dei decessi e la pressione sul Sistema Sanitario Italiano. Vediamo di cosa si tratta.
Lo studio parte dall’analisi dei dati della diffusione di SARS-CoV-2 in Italia (qui per approfondimenti). Se si intendesse cercare di raggiungere la così detta “immunità di gregge”, sempre che sia possibile visti gli ultimi dati pubblicati (qui per approfondimenti), circa il 70% della popolazione italiana dovrebbe essere infettata e manifestare gli anticorpi.
Uno scenario non proprio invitante
Questo implicherebbe circa 42 milioni di persone infette, che porterebbe a una stima tra i 430 mila e i 700 mila decessi in più rispetto alla media degli anni precedenti. Ricordiamo che ogni anno in Italia muoiono circa 650 mila persone, ovvero l’1,1% della popolazione. Cercare di arrivare all’immunità di gregge lasciando il virus libero di circolare porterebbe ad aggiungere a questo 1,1% un ulteriore 0,8% oltre che mettere in serissima crisi gli ospedali. E’ importante comprendere che si tratta di una addizione, poiché non c’è nessuna prova che le persone decedute per o con il Covid-19 sarebbero decedute comunque e dunque non c’è effetto di sostituzione ma piuttosto di addizione.
Risulta chiaro, almeno a me lo è, che accettare un tale sacrificio è inaccettabile, d’altra parte risulta altrettanto evidente che il lockdown totale ucciderebbe l’economia. Pertanto, in attesa di cure più efficaci e del vaccino, è necessario mettere in atto delle azioni concrete che limitino il più possibile la circolazione di SARS-CoV-2 e trovare quel delicato equilibrio tra decessi causati dal nuovo coronavirus, carico sul Sistema Nazionale Sanitario e mantenimento dell’economia nazionale.
I vantaggi di un lockdown selettivo per fasce di rischio
Una di queste azioni concrete potrebbe essere il “lockdown selettivo”. Ovvero un lockdown per le fasce di età più a rischio, ovvero gli ultra-sessantenni, con multi-patologie e gli immunodepressi.
In base ai dati a disposizione, i benefici maggiori sarebbero:
- Riduzione della mortalità del 50% isolando i soli ultra-ottantenni. Riduzione del 75% isolando gli ultra-settantenni. Ricordiamo che a oggi l’82% dei deceduti per Covid-19 aveva più di 70 anni e il 94% più di 60 anni (qui per approfondimenti). Perciò isolando gli ultra-sessantenni, la mortalità si ridurrebbe di dieci volte.
- Riduzione della pressione sul Sistema Sanitario Nazionale.
- Mantenimento dell’assistenza ospedaliera (diagnostica, cura e monitoraggio) a malati non Covid-19 che rimandano, per paura dell’infezione, le visite programmate, o si vedono posticipate le visite per mancanza di disponibilità degli ospedali.
- Disponibilità di posti in terapia intensiva a malati non Covid-19 (infarto, incidenti, ecc…). Ricordiamo che si ipotizza la possibilità di operare delle scelte di fronte a un malato Covid-19 ultra-sessantenne da sottoporre a terapia intensiva e un giovane vittima di incidente. La Svizzera, ad esempio, ha già comunicato ufficialmente le disposizioni a proposito e la scorsa primavera lo aveva fatto anche l’Italia.
- Riduzione dell’impatto economico poiché il resto della popolazione produttiva continuerebbe a essere attiva nel rispetto comunque di norme di comportamento e di distanziamento fisico e garantirebbe il sostegno finanziario al proprio nucleo familiare.
Gli svantaggi del lockdown selettivo
Sapendo bene che ogni azione ha delle conseguenze e non sempre positive, bisogna analizzare anche le difficoltà del “lockdown selettivo”.
- Praticabilità: come isolare le persone anziane? In Italia la maggior parte degli anziani vive con persone più giovani. Il fatto che negli ultimi venti anni si sia alzata molto l’età media in cui si ha il primo figlio, ha come ricaduta il fatto che facilmente ultra sessantenni (soprattutto uomini) abbiano figli in età scolastica o universitaria con i quali convivono. Nella società attuale l’aiuto dei nonni nella gestione dei nipoti è spesso cruciale anche da un punto di vista economico (sostitutivo della baby sitter) e quindi privare di questa risorsa tante famiglie impone un piano di aiuto da parte del Governo. Isolare gli anziani in residenze o Hotel adibite allo scopo potrebbe avere un effetto boomerang poiché l’infezione potrebbe provocare un contagio di massa. Sarebbe quindi preferibile che gli anziani rimanessero nelle proprie abitazioni con i problemi di convivenza descritti prima. Inoltre, molti anziani hanno una badante, che dovrebbe essere continuamente monitorata per evitare che diventi veicolo dell’infezione.
- Assistenza sanitaria: isolare gli anziani non significa renderli immuni da altre malattie. Sapendo che con l’età aumenta la probabilità di sviluppare malattie croniche, la domanda è: come si curerebbero rispettando l’isolamento? Una possibile risposta sta nella telemedicina (qui per approfondimenti) che però è ancora poco diffusa e non esistono infrastrutture, soprattutto informatiche, che possano sostenerla.
- Impatto sugli anziani isolati: è ampiamente dimostrato che la depressione è il peggior nemico dell’anziano, molto più di una malattia fisica. Isolarlo dai propri affetti, nella maggior parte dei casi, provocherebbe danni psicologici che ne abbasserebbero la qualità della vita e andrebbero a gravare sui parenti stretti poiché l’anziano andrebbe rapidamente incontro a una degenerazione che lo porterebbe a non essere più autosufficiente.
- Impatto sull’economia: gli occupati in Italia nel 2019 erano quasi 26 milioni. Di questi il 9% (2.3 milioni) erano ultra-sessantenni. Una percentuale non trascurabile. Se il lavoro da remoto è una opzione già in uso e relativamente facile da adottare, soprattutto per la fascia più giovane della popolazione che è più abituata a lavorare con mezzi informatici, nutro alcuni dubbi che il passaggio per gli anziani sia così immediato e privo di ostacoli. Inoltre, come si tutelerebbero quei lavoratori ultra-sessantenni che non possono lavorare da remoto per le specifiche esigenze del loro impiego? Si dovrebbero congelare le loro posizioni lavorative in attesa della fine dell’emergenza? Oppure si dovrebbero pre-pensionare? Con quali risorse economiche si farebbe fronte all’una o all’altra soluzione?
Non esiste la scelta giusta, solo la “meno peggio”
In conclusione, qualsiasi misura di contenimento della diffusione di SARS-CoV-2 ha delle conseguenze che devono essere attentamente valutate. A nostro avviso, il “lockdown selettivo” può essere una buona strada da seguire, ma congiuntamente ad altre strategie e semplici regole, come:
- potenziare il lavoro da remoto
- utilizzare mascherine e raccomandazioni igieniche
- rispettare il distanziamento fisico
- migliorare la sicurezza sui trasporti pubblici
- migliorare la gestione dei pazienti Covid-19 negli ospedali e da parte dei medici di famiglia
- sviluppare la telemedicina
- installare postazioni mobili per la diagnosi con tampone molecolare e tampone antigenico
Il modello svedese: ma funziona davvero?
Abbiamo l’esempio della Svezia che ha adottato l’isolamento degli anziani già dalla scorsa primavera e i dati a disposizione dicono che la diffusione del virus e l’impatto sul sistema sanitario sono simili o migliori a quelli che osserviamo in altre nazioni Europee che hanno imposto misure più restrittive con i conseguenti danni economici.
Tuttavia, la Svezia ha una struttura sociale, cultura e abitudini ben diverse da quelle della popolazione italiana e, a mio avviso, può essere presa a modello ma non a garanzia che funzioni allo stesso modo in Italia.
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