La sclerosi multipla si presenta in due forme, la forma recidivante-remittente e la forma progressiva. Se per la prima forma ci sono diversi trattamenti disponibili, per la forma progressiva non ci sono cure, o meglio non c’erano fino a quando è stato sperimentato l’uso delle cellule staminali.
La sclerosi multipla è una malattia neurodegenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale. E’ una malattia complessa e si stima che in Italia ci siano circa 122 mila persone affette da sclerosi multipla e il numero di donne è quasi triplo rispetto agli uomini.
Insorge a qualsiasi età ma più comunemente è diagnosticata nel giovane adulto tra i 20 e 40 anni. Ha una particolarità che la lega alla geografia, ovvero è più diffusa nelle zone lontane dall’equatore, in particolare Nord Europa, Stati Uniti, Nuova Zelanda e Australia del Sud.
Le tre forme di Sclerosi Multipla
- Sclerosi multipla a decorso recidivante-remittente (SM-RR) che rappresenta l’85% dei casi e per la quale esistono diversi farmaci che non curano definitivamente la malattia ma consentono una buona qualità della vita del malato.
- Sclerosi multipla secondariamente progressiva (SM-SP), è l’evoluzione della forma SM-RR caratterizzata da una disabilità persistente che progredisce gradualmente nel tempo.
- Sclerosi multipla primariamente progressiva (SM-PP), caratterizzata da un peggioramento delle funzioni neurologiche fin dalla comparsa dei primi sintomi e rappresenta circa il 10% dei malati di sclerosi multipla.
La cure per la sclerosi multipla primariamente progressiva (SM-PP)
E’ la forma più grave e purtroppo anche quella per la quale non esistono delle cure. Tuttavia, negli ultimi anni si sono fatti moli progressi nell’uso delle cellule staminali autologhe. Ovvero quelle cellule staminali che sono prelevate dal paziente stesso e poi re-infuse nel malato.
Lo studio dell’Università di Genova e dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino
A Ottobre 2020, è stato pubblicato uno studio su Neurology da parte di un gruppo di ricercatori dell’Università di Genova e dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino co-finanziato da AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) attraverso la sua Fondazione.
Lo studio coordinato dal Prof. Mancardi e dal dott. Boffa, ha analizzato l’efficacia nel tempo del trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche.
La procedura prevede che si prelevino le cellule staminali dal paziente, quindi si abbassi l’infiammazione del sistema nervoso che caratterizza la sclerosi multipla e poi si re-infondano le cellule staminali ematopoietiche precedentemente raccolte dal paziente stesso. Queste cellule formano un nuovo sistema immunitario, più tollerante e meno aggressivo e quindi ridurranno gli effetti della sclerosi multipla primariamente progressiva.
Qual è la novità dello studio?
La particolarità di questo studio risiede nel fatto che sono stati analizzati i dati di tutti i pazienti con una forma aggressiva di sclerosi multipla sottoposti a trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche in Italia dal 1998 al 2019.
Lo studio dimostra che oltre il 60% dei pazienti che ha subito un trapianto di cellule staminali non ha un aggravamento della disabilità dopo 10 anni dal trapianto e in molti casi si osserva anche un miglioramento del quadro neurologico duraturo nel tempo.
E’ importante sottolineare, che poiché i pazienti con sclerosi multipla primariamente progressiva vengono esclusi dai trial clinici di sperimentazione di nuove terapie, non esistono farmaci per loro. Quindi, l’utilizzo di cellule staminali rappresenta il primo trattamento che si è dimostrato efficace e lo è anche nel lungo periodo, aspetto molto importante in quanto la sclerosi multipla è una malattia molto lenta e cronica e sono necessari lunghi periodi di osservazione prima di riuscire a comprendere l’efficacia di un trattamento.
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