Dopo la paura di potersi ammalare di Covid-19, la più grande paura è di potersi infettare nuovamente. Qual è la probabilità di contrarre l’infezione a breve distanza di tempo e perché?
Nel corso del 2020 si sono verificati in tutto il mondo diversi casi di reinfezione da SARS-CoV-2. La domanda principale che i ricercatori si sono fatti è stata ed è tuttora: la reinfezione è causata dallo stesso ceppo del nuovo coronavirus o si tratta di un ceppo (variante) diverso? Prima di rispondere a questa domanda è importante sapere come si possono distinguere le varianti di SARS-CoV-2.
Il sequenziamento di SARS-CoV-2
Dopo aver eseguito un tampone molecolare, se risulta positivo, per poter sapere con certezza a quale variante di SARS-CoV-2 ci si trova davanti, è necessario eseguire un sequenziamento molecolare del virus. Poiché il sequenziamento è una tecnica con un certo costo e che deve essere eseguita con strumenti particolari che non sono in dotazione a tutti gli ospedali, il sequenziamento del coronavirus viene eseguito raramente rispetto all’esecuzione dei tamponi molecolari. Tuttavia ci sono dei laboratori specializzati in tutto il mondo che fanno centinaia di sequenze ogni giorno alla caccia di varianti. Uno dei migliori laboratori è il Sanger Institute di Cambridge (UK) che ha sequenziato quasi 300 mila genomi di SARS-CoV-2. In Italia, purtroppo non esiste un centro così avanzato e con tale concentrazione di sequenziatori di DNA, esistono però piccoli o medi laboratori che forniscono un servizio di sequenziamento.
Sequenziare il virus però è solo la prima parte del lavoro, è come stampare un libro, poi bisogna leggerlo ed è scritto in una lingua molto particolare che solo i ricercatori specializzati conoscono.
Un recente articolo pubblicato su una importante rivista scientifica internazionale da un gruppo di ricercatori italiani dell’Università di Verona, ha dimostrato l’importanza di come viene eseguito il sequenziamento del virus, la sua lettura e interpretazione. Infatti, in questo lavoro, i ricercatori dicono chiaramente che i campioni naso-faringei (quelli che si usano per i tamponi molecolari) provenienti da pazienti con bassa carica virale, alla quale si associano in genere sintomi lievi, producono sequenze poco attendibili e di difficile interpretazione soprattutto in casi di reinfezione.
Quando si attribuisce un caso di reinfezione da Covid-19?
La reinfezione da Covid-19 avviene quando a una persona viene diagnosticato per due volte l’infezione da SARS-CoV-2. La diagnosi deve essere fatta con tampone molecolare ma la vera domanda è se la reinfezione è causata dallo stesso ceppo virale o da una sua variante.
La risposta può essere data solo se, si sequenzia sia un campione naso-faringeo della persona, prelevato durante la prima infezione, che durante la seconda infezione.
I ricercatori dell’Università di Verona hanno avuto a disposizione campioni di questo tipo e hanno visto che in alcuni casi si trattava dello stesso ceppo di SARS-CoV-2 e in altri di ceppi diversi.
Inoltre, uno studio danese, fatto sugli oltre 11 mila danesi contagiati durante la prima ondata (Marzo-Maggio 2020) ha dimostrato che solo lo 0.65% era stato reinfettato entro il 2020. Dando quindi una chiara indicazione che infettarsi nuovamente di SARS-CoV-2, almeno nell’arco di 6-8 mesi è alquanto improbabile. Tuttavia, approfondendo l’analisi in uno specifico sottogruppo della popolazione danese, gli ultra 65enni, la protezione indotta dall’infezione è apparsa di gran lunga inferiore. Ovvero, solo circa il 50% degli anziani è risultata protetta dal rischio di un nuovo contagio durante la seconda ondata.
Questo è un dato spiegabile dalla così detta immuno-senescenza, ovvero quel processo che porta il sistema immunitario a perdere gradualmente la sua efficacia nel tempo.
Questo studio danese non chiarisce se la reinfezione è a carico delle nuove varianti, informazione importante per capire se i vaccini attualmente disponibili sono efficaci anche sulle nuove forme di coronavirus o se è necessario sviluppare vaccini nuovi e quindi doverci sottoporre a richiami periodici.
Perciò la domanda se possiamo reinfettarci dopo esserci ammalati di Covid-19 o esserci vaccinati, ha ora qualche risposta ma ancora tanti studi devono essere fatti per confermare quanto ora noto.
This post is also available in:
English