La prevenzione è la strada da intraprendere e i vaccini ne sono l’esempio ma non bisogna dimenticare le cure che sono in continuo sviluppo. Quali sono le novità sul fronte degli anticorpi monoclonali?

Nella primavera del 2020 fece molto scalpore il plasma iperimmune e vari studi partirono in tutto il mondo per comprenderne l’efficacia e stabilire le modalità di utilizzo. Ricordiamo che il plasma iperimmune è ricavato dal sangue di persone che sono state affette da SARS-CoV-2 e sono guarite, perciò hanno un alto livello di anticorpi contro il nuovo coronavirus.

Tuttavia, l’utilizzo del plasma iperimmune era e resta una terapia emergenziale in quanto non tutte le persone colpite dall’infezione sono idonee e hanno livelli abbastanza elevati di anticorpi contro SARS-CoV-2 da poter essere utilizzati (qui per approfondimenti). Inoltre, il plasma prelevato deve essere trattato prima di essere infuso in un malato di Covid-19 e infine è necessario che il gruppo sanguigno del donatore e del ricevente siano compatibili e tutta la procedura deve essere fatta in ospedale con costi non trascurabili. In sintesi, una terapia adatta appunto in caso di emergenza ma non praticabile su larga scala e in maniera routinaria.

Dal plasma iperimmune agli anticorpi monoclonali

Il passo successivo alla terapia con plasma iperimmune è stata l’identificazione di anticorpi monoclonali. Vediamo cosa sono.

Quando un virus attacca il nostro organismo, il nostro sistema immunitario sviluppa una risposta anticorpale, questa risposta si manifesta nel nostro organismo in maniera diversa a seconda di dove il virus ci colpisce e genera anticorpi policlonali, quindi diversi tra loro. Nell’ambito di questa risposta immunitaria, ci sono anticorpi più potenti nel bloccare la riproduzione del virus. L’obiettivo dei ricercatori e quello di identificare l’anticorpo migliore, riprodurlo in laboratorio in grande quantità e così generare un anticorpo monoclonale molto efficace.

Gli anticorpi monoclonali sono efficaci anche contro le varianti?

Come è ben noto, i virus a RNA mutano spesso per potersi adattare a un ambiente in continua evoluzione e nella maggior parte dei casi ostile. Perciò, non è detto che un anticorpo monoclonale efficace contro un ceppo di SARS-CoV-2 noto e presente nella popolazione ora sia altrettanto efficace contro un nuovo ceppo del coronavirus.

Da questa considerazione sono partiti diversi studi in tutto il mondo. Tra questi uno studio europeo che prende il nome di Atac (Antibody Therapy Against Coronavirus) e che è finanziato dall’European research council. Di questo studio fanno parte il Policlinico di Pavia, il Karolinska Insitute di Stoccolma, l’Istituto di Ricerca in Biomedicina di Bellinzona, l’Università di Braunschweig e il Joint Research Center della Commissione Europea. Lo studio è stat recentemente pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Nature.

Quali sono le novità dello studio Atac?

Una delle difficoltà maggiori a trovare una cura efficace che utilizzi gli anticorpi monoclonali, sta nel fatto che SARS-CoV-2 muta in continuazione e le varianti che si diffondono possono essere più infettive e soprattutto sfuggire agli anticorpi.

Lo studio Atac ha portato allo sviluppo di un anticorpo bispecifico, ovvero un anticorpo monoclonale in grado di riconoscere contemporaneamente due diversi antigeni di SARS-CoV-2 impedendo così al virus di legarsi ad ACE2 che è la porta di ingresso del coronavirus alle cellule umane.

I ricercatori hanno unito due anticorpi naturali in una singola molecola artificiale e i test preclinici eseguiti sui topi, hanno dimostrato che questo anticorpo bispecifico protegge anche dalle varianti attualmente più diffuse e pericolose, la variante inglese, sudafricana e brasiliana.

La costruzione dell’anticorpo bispecifico è stata simulata in prima battuta al computer e poi sintetizzato in laboratorio e somministrato ad animali di laboratorio come prevede il protocollo pre-clinico.

Il passo successivo sarà quello di intraprendere la strada della sperimentazione clinica per poter arrivare alla commercializzazione di un farmaco.

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