L’iperparatiroidismo è una malattia che colpisce prevalentemente la popolazione femminile. Un nuovo studio condotto da un gruppo di ricercatori italiani dimostra la relazione tra iperparatiroidismo primario lieve e aumentato rischio cardiovascolare.
Ne parliamo con la dott.ssa Stella Bernardi, ricercatrice in endocrinologia presso il dipartimento di scienze mediche dell’Università degli Studi di Trieste che ha coordinato lo studio con i colleghi dell’Ospedale Cattinara di Trieste e dell’Università di Padova.
Dott.ssa Bernardi, ci spieghi che cosa è l’iperparatiroidismo.
“L’iperparatiroidismo è una patologia caratterizzata da una secrezione anomala di un ormone, il paratormone. Questa patologia, generalmente è legata a un adenoma che è un nodulo benigno a carico di una delle quattro ghiandole paratiroidi che si trovano dietro alla tiroide.
L’iperparatiroidismo ha come primi bersagli le ossa e i reni, indebolendo i primi attraverso un processo di demineralizzazione, per cui aumenta il calcio in circolo e nelle urine con conseguente rischio di calcolosi renale. Nelle forme gravi della malattia, il calcio nel sangue aumenta notevolmente, causando ulteriori disturbi a carico del sistema osteomuscolare del tratto gastrointestinale fino al sistema neurologico. In questi casi la terapia è l’asportazione della paratiroide.
Esistono varie forme di iperparatiroidismo, il nostro studio si è concentrato sull’iperparatiroidismo primario lieve che colpisce fino all’11% della popolazione femminile in età di menopausa. Questa forma non si associa a marcati aumenti del calcio, per cui il paziente non ha grossi disturbi, ma vi è comunque un aumentato rischio di osteoporosi e calcolosi renale”.
Che cosa avete scoperto con il vostro studio?
“Il paziente affetto da iperparatiroidismo primario lieve, ha anche un aumentato rischio cardiovascolare, per cui è importante curare questa malattia.
La premessa a questo studio è che nonostante fosse noto che il paratormone avesse degli effetti sia a livello dei vasi sanguigni che del cuore, effetti ben dimostrati nelle forme gravi di iperparatiroidismo, la relazione tra iperparatiroidismo primario lieve e rischio cardiovascolare non era chiara. Perciò ci siamo chiesti se anche l’iperparatiroidismo primario lieve fosse associato a delle alterazioni del sistema cardiovascolare.
Per rispondere a questa domanda abbiamo fatto uno studio di metanalisi pubblicato su The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism e ripreso da Physician’s Weekly“.
Ci spieghi meglio che cosa è uno studio di metanalisi.
“Lo studio di metanalisi è una metodologia statistica che si utilizza per risolvere un problema i cui risultati sono contrastanti. Attraverso la metanalisi si analizzano tutti i dati esistenti e ne permette una sintesi per raggiungere una conclusione. Nel nostro caso specifico, attraverso la metanalisi abbiamo dimostrato che il paratormone, anche nelle forme di iperparatiroidismo primario lieve, porta a un irrigidimento dei vasi che è un fattore di rischio cardiovascolare. Inoltre, abbiamo anche trovato una correlazione significativa tra l’asportazione della paratiroide e la riduzione della rigidità arteriosa (che è alla base del danno cardiovascolare).
Mi preme precisare che il nostro è il primo studio che utilizza la metanalisi per mettere in relazione l’iperparatiroidismo primario lieve e la rigidità arteriosa. La cosa importante è che l’iperparatiroidismo primario lieve è la forma di iperparatiroidismo più frequente e quindi le conseguenze cardiovascolari possono colpire un numero significativo di persone, soprattutto donne in menopausa (qui per approfondimenti sulle malattie cardiovascolari nella donna)”.
Quali sviluppi vede per questa ricerca?
“Sarà necessario confermare questi dati su una popolazione allargata con studi randomizzati in modo da confermare le nostre osservazioni e le nostre analisi statistiche. Soprattutto sarà necessario stabilire delle soglie, ad esempio, per operare un paziente che mostra un aumento del calcio nelle urine, c’è una soglia ben definita alla quale facciamo riferimento. Allo stesso modo, per le ossa abbiamo un valore di riferimento di demineralizzazione, oltre il quale al paziente viene asportata la paratiroide. A oggi non esiste un valore di riferimento di rigidità arteriosa per poter stabilire quando è necessario operare il paziente affetto da iperparatiroidismo primario lieve.
Altro aspetto importante al quale speriamo di poter contribuire con ulteriori studi, è di verificare quale impatto potrà avere l’iperparatiroidismo primario lieve (e la paratiroidectomia) sui pazienti con aumentato rischio cardiovascolare come i soggetti diabetici.
Tutto questo credo porterà a un cambiamento delle linee guida che al momento non prevedono la valutazione del rischio cardiovascolare nei pazienti con iperparatiroidismo primario lieve”.
Un’ultima domanda, è corretto definire questo approccio un esempio di medicina personalizzata?
“Esatto, stabilire con esattezza la correlazione tra iperparatiroidismo primario lieve e patologie esistenti e anche in base ad altre caratteristiche come sesso, storia familiare ed età , ci porterà a stabilire il migliore trattamento per il singolo paziente”.
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