Tra le varie tesi complottiste e anti vaccino circola da oltre un anno la teoria che i vaccini anti-Covid contengano il grafene. Cosa c’è di vero in questa affermazione e perché dovremmo essere spaventati?

Da oltre un anno circola la notizia che alcuni ricercatori hanno individuato nei vaccini anti-Covid e in particolare nel vaccino Comirnaty di Pfizer-BioNTech il grafene o alcune sue forme come l’ossido o l’idrossido di grafene.

Perché il grafene nei vaccini dovrebbe essere pericoloso?

Secondo questi ricercatori, il grafene sarebbe la base di un microchip che viene inoculato attraverso l’iniezione del vaccino. Perciò le persone vaccinate riceverebbero un chip che andrebbe a raggiungere il cervello e che attraverso il 5G consentirebbe a qualcuno di controllare queste persone e addirittura ucciderle.

Questa è la tesi, vediamo se e cosa ci può essere di vero. Cominciando a farci alcune domande.

Che cosa è il grafene?

E’ un foglio di atomi di carbonio strettamente legati tra loro e disposti a formare una struttura esagonale a nido d’api. Questa particolare disposizione degli atomi di carbonio conferisce al materiale delle caratteristiche peculiari: flessibilità, leggerezza, trasparenza, conducibilità elettrica ed è al contempo il materiale più resistente conosciuto.

Chi sono i ricercatori che sostengono la presenza del grafene nei vaccini?

Si tratta principalmente di un gruppo di ricercatori spagnoli, capeggiati dai dottori Campra e Delgado, associati all’Università di Almeria e Siviglia. Queste Università hanno dichiarato di non avere nulla a che fare con queste ricerche e hanno disconosciuto l’affiliazione. Inoltre, nel 2021 è stato pubblicato anonimamente anche un altro articolo su Telegr-ph (che non è una rivista scientifica) dal titolo: “Ospedale Cardarelli (Napoli): Comirnaty contiene ossido di grafene”. L’ospedale napoletano il 18 Agosto 2021 ha smentito la titolarità del documento e presentato alle autorità esposto contro ignoti. Questo articolo sarebbe comunque una semplice traduzione della ricerca svolta in Spagna.

Le ricerche, condotte principalmente con metodi di microscopia ottica ed elettronica, evidenzierebbero la presenza di forme simili a un circuito, avvalorando la tesi della presenza di microchip.

Analisi comparative delle immagini al microscopio, hanno evidenziato che le forme attribuite al grafene sono estremamente simili a un composto effettivamente presente nel vaccino Comirnaty, ovvero al colesterolo. I cristalli di colesterolo si possono individuare facilmente nelle urine, come prodotto di scarto e vengono prodotti dal metabolismo umano, quindi la loro presenza nei vaccini non è certamente fonte di preoccupazione.

La presenza di grafene nei vaccini è una fantasia o verità?

Non ci sono studi scientifici seri al momento che provano la presenza del grafene nei vaccini. Le prove portate dai ricercatori spagnoli sono estremamente deboli, prive di metodo scientifico, infatti non riportano neanche il numero di lotto dei vaccini analizzati e non sono state confermate da alcun lavoro scientifico riconosciuto. Le immagini a bassa risoluzione dei così detti microchip, non sono una prova in quanto sono estremamente simili a quelle di un normalissimo cristallo di colesterolo e non esistono studi che provano l’estrazione del grafene dai vaccini. Inoltre, il grafene è un materiale estremamente costoso, di difficile produzione e che necessità di tecnologie avanzatissime.

Infine, la tesi dei complottisti afferma che il grafene funzionerebbe come un’antenna per il 5G e che dovrebbe agire a livello cerebrale. Tuttavia, il nostro organismo si è evoluto per evitare che qualsiasi sostanza estranea presente nel sangue e nel sistema linfatico possa raggiungere il cervello. Questo sistema di protezione si chiama barriera ematoencefalica che ad esempio ci protegge dalle infezioni. Perciò, pensare che iniettando nel braccio qualcosa, questa raggiunga il cervello è pura fantasia. Esistono studi in vitro e in vivo su roditori, con ossido di grafene ridotto, che dicono che il materiale non è in grado di superare la barriera ematoencefalica.

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